E’ di questi giorni la triste notizia che riguarda Nicoleta Rotaru. Per oltre un anno la sua morte è stata registrata come un gesto estremo, ma grazie alla registrazione sul telefono delle sue ultime ore di vita la verità è venuta a galla.
L’inferno di Nicoleta inizia molti anni prima. Dal matrimonio in poi il marito Erik le controlla tutto: le impedisce di fare colloqui di lavoro, di frequentare l’università, di avere rapporti con la famiglia in Moldavia e anche di fare politica. Nel frattempo hanno due bambine, ma nel 2022 lei decide di separarsi. Lui non lo accetta e le fa la guerra. Arrivano alla separazione ma, nonostante Erik avesse l’ordine di lasciar la casa, vivono ancora insieme.
Nicoleta negli ultimi mesi aveva incontrato un altro uomo: il primo agosto dopo cena era uscita col lui. Erik, dopo averlo scoperto, la copre di insulti irripetibili. Il telefono registra tutto, ma lui non lo sa. È abituata ai suoi eccessi, cerca di dormire ed è semi addormentata quando lui la sorprende con la cinta dei pantaloni al collo.
Riesce a supplicarlo un’ultima volta: «Erik ti prego smettila», ma lui stringe e stringe ancora… Vaneggia e dice: «No ti prego tu, perché ci siamo ridotti così?», poi lei non riesce più a parlare. Lui: «Perché l’hai fatto, perché l’hai fatto, io ti amavo, ti amavo, ti amavo… liberaci dal male, vattene via, volevo solo amarti, vattene Nico, vattene… vattene… vattene». La povera Nicoleta sta soffocando, la sua agonia durerà 9 minuti e 46 secondi.
Poi la sua voce sarà cancellata. Ma non per sempre.
Nicoleta aveva iniziato a registrare le sue offese e le sue violenze. Lo faceva perché probabilmente temeva che lui potesse ucciderla.
In questi giorni Zaliya Shamigulova è stata uccisa mentre si trovava in vacanza alle Mauritius. Dopo settimane di chat aveva deciso di incontrare l’uomo conosciuto online, che poi si è trasformato nel suo assassino. L’uomo ha confessato il delitto, raccontando di una lite furibonda, forse dovuta a problemi di gelosia, culminata con le coltellate.
Sabato 10 agosto nella sua casa di Siena, Yuleisi Ana Manyoma Casanova è morta per un colpo di testa sparato a distanza ravvicinata. Per gli inquirenti siamo davanti all’ennesimo femminicidio. Sotto accusa c’è il compagno.
Storie dal finale tragico, che ci devono costringere ad una riflessione personale e collettiva.
Il femminicidio è il punto più estremo di un escalation di violenza di genere. Non stiamo parlando del fatto che sia morta una donna, ma che quella donna è morta per mano di un uomo in un contesto sociale che permette e avalla la violenza degli uomini contro le donne.
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